lunedì 22 agosto 2016

Recensione: Io sono il messaggero di Markus Zusak


A volte le persone sono belle.

Markus Zusak si dimosta davvero un grande autore: originale e coraggioso.




Titolo: Io sono il messaggero
Autore: Markus Zusak
Editore: Frassinelli
Collana: narrativa
Pagine: 404
ISBN-13: 978-8820057312



TRAMA:

L'esistenza di Ed Kennedy scorre tranquilla. Fino al giorno in cui diventa un eroe. Ed ha diciannove anni, una passione sfrenata per i libri, un lavoro da tassista piuttosto precario che gli permette di vivacchiare, e nessuna prospettiva per il futuro. Quando non legge, passa il tempo con gli amici giocando a carte davanti a un bicchiere di birra o porta a spasso il Portinaio, il suo cane, che beve troppo caffè e puzza anche quando è pulito. Con le donne non è particolarmente disinvolto, perché l'unica ragazza che gli interessi davvero è Audrey, la ragione per cui è rimasto in quel posto senza vie d'uscita. Capace di colpirlo al cuore con una frase: "Sei il mio migliore amico". Non serve una pallottola per uccidere un uomo, bastano le parole. Tutto sembra così tremendamente immutabile: finché il caso mette un rapinatore sulla sua strada, e Ed diventa l'eroe del giorno. Da quel momento, comincia a ricevere strani messaggi scritti su carte da gioco, ognuno dei quali lo guida verso nuove memorabili imprese. E mentre Ed diventa sempre più popolare, mentre nota una luce diversa negli occhi di Audrey e la gente lo saluta per strada, inizia a domandarsi: da dove arrivano i messaggi, chi è il messaggero?



RECENSIONE:

Il protagonista e voce narrante è Ed Kennedy, un ragazzo completamente e indubbiamente ordinario.
Un scialbo diciannovenne con nessuna prospettiva per il futuro: lavora come tassista, gioca a carte con gli amici Marvin e Ritchie (ragazzi ancora più “piatti” di lui), è innamorato della sua amica Audrey, è in eterno conflitto con la madre e vive con un cane dipendente da caffé. 
Un giorno Ed viene casualmente coinvolto in una rapina e ancora più casualmente riesce a fermare e far arrestare il rapinatore. Wow, Ed diventa un eroe, tutti i giornali parlano di lui…Eppure il ragazzo si sente ancora vuoto, insignificante.
La vita di Ed, però, volta definitivamente pagina quando comincia a ricevere per posta una serie di assi (carte da gioco)  con su scritto indirizzi, nomi e frasi enigmatiche, tradotte come “richieste” d’aiuto per persone in difficoltà.


Markus Zusak. A questo nome collego, spontaneamente, il fiume di lacrime versate leggendo il capolavoro letterario di “Storia di una ladra di libri”.
In questo nuovo racconto Zusak crea un mondo diverso, più simpatico, più attuale, più alla portata di tutti noi, ma al tempo stesso più misterioso, quasi enigmatico.

L’autore usa un linguaggio molto semplice e colloquiale: frasi brevi, scorrevoli, eppure cariche di significato. Ho iniziato a sorridere dopo aver letto le prime sei righe:


Il rapinatore è un incapace. Lo so io. Lo sa lui. Lo sa tutta la banca. Lo sa persino il mio amico, Marvin, che è addirittura più incapace di lui.

Finito il primo capitolo mi è venuta subito voglia di leggere, di leggere e leggere ancora. Dovevo assolutamente sapere come sarebbe finito il libro. Perché è proprio nelle ultime pagine che si scopre il nucleo di tutta la storia, il motivo di tutto ciò che accade. Anche se, e qui una critica la devo fare, la fine mi ha lasciata un po’ perplessa. Mi aspettavo una soluzione più chiara… e anche più figa. Insomma, un colpo di scena più esaltante. Non aggiungo nient’altro per evitare di rovinarvi la sorpresa .
Le righe finali sono comunque da lode, alcune tra le migliori che io abbia mai trovato: riassumono alla perfezione il messaggio (scusate il gioco di parole) di “Io sono il messaggero”.


“Se uno come te può arrivare ad agire così con quelle persone, allora forse può riuscirci chiunque.
Forse chiunque può vivere al di là delle proprie capacità."
Ed è allora che capisco. Io non sono affatto il messaggero. Io sono il messaggio.


Molti, ho letto su Internet, interpretano le parole di Zusak con l'idea che segue: sono i piccoli gesti di bontà verso gli altri a renderci migliori e quindi tutti noi, nel nostro piccolo, possiamo fare la differenza. Io, sinceramente, ho scorto una sfumatura leggermente diversa: tutti noi possiamo provare a fare qualcosa al di fuori dall’ordinario, tutti noi possiamo essere speciali. Detto ciò io non so quale sia la conclusione corretta e non credo nemmeno che ce ne sia una sola  Quindi vi consiglio vivamente di leggere il libro e di cercare di trarne il vostro personale messaggio.
In questo racconto è presente un pizzico di irreale. Non troppo, solo in quantità necessaria per poter scrivere la storia. Ciò non toglie importanza alla riflessione che l’autore vuole invitarci a fare. Anzi, tutt’altro, rimane un invito fondamentale.





I personaggi mi sono piaciuti molto. L’autore li descrive in modo preciso, chiaro e così è facile riuscire a metterli a fuoco, a entrare nei panni del protagonista e di tutte le persone che gli girano attorno. Ogni singolo personaggio del libro regala “qualcosa” al lettore.  Un “qualcosa” da conservare con cura.
Mi è piaciuto particolarmente il tipo di rapporto tra Ed e l’amico Marvin: per tutto il libro si comportano come cane e gatto, come se uno desse quasi fastidio all’altro e invece alla fine si capisce quanto veramente Ed ci tenga al suo amico: nel giorno più difficile e importante di Marvin, Ed c’è. Lo ascolta, lo capisce, lo supporta. È presente. Tutti noi vorremmo un amico così, giusto?  Un amico pronto ad afferrarci e a sostenerci quando stiamo per cadere.


Quando mi lascia davanti a casa, la notte è diventata fredda.
"Ehi, Marv", gli faccio, appena prima di scendere. 
Mi guarda, mi guarda veramente.  "Io vengo con te."
Chiude gli occhi.
Sta per dire qualcosa, ma non riesce. E meglio così.
 
Qual è il mio personaggio preferito? Assolutamente il Portinaio, alias il cane di Ed. Ho una passione per i personaggi ridicoli e un pochino assurdi… perciò ovviamente amo un cane di diciassette anni, caffè-dipendente, che emana un tanfo allucinante e  che passa le sue giornate davanti alla zanzariera.

Ho un coinquilino. Si chiama Portinaio e ha diciassette anni. Se ne sta seduto davanti alla zanzariera, il sole che illumina il suo pelo nero. Gli brillano gli occhi. Sorride. Si chiama così perché fin da piccolo gli piaceva mettersi accanto alla porta d’ingresso. Non lascia passare nessuno perché ha difficoltà a muoversi a causa dell’età. È un incrocio tra un rottweiler e un pastore tedesco, ed emana una puzza tremenda, che è impossibile togliergli. 
                                                                                                           
Leggendo la storia è possibile che vi scappi qualche leggera e piccola lacrimuccia… Ma non preoccupatevi: basterà una semplice battuta di Marvin per farvi ritornare il sorriso.
Buona lettura!



VOTO:




 
Marta


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