Pagine

giovedì 2 febbraio 2017

Fallen e l'amor che al cor duole...

"Sono nato intero, non ho bisogno di nessuna metà."
                              o non ho trovato la metà giusta?


Avete presente la storia di Aristofane che descrive l'uomo e la donna come due metà che si possono/devono rincontrare? Ecco... Forse dovremmo prestare più attenzione nella scelta della "metà perfetta".




Ieri sera sono andata al cinema a vedere Fallen, il film tratto dai romanzi di Lauren Kate (dei quali non sono assolutamente fan) e oggi avrei voluto scrivere una breve recensione... Ma ho cambiato idea, perché un aspetto del film che mi ha toccata molto (e mi ha fatto passare la notte in bianco arrovellandomi il cervello) mi ha convinta a porvi alcune domande.

Perché, e lo chiedo seriamente, perché Daniel continua a cercare Lucinda? Perché la aspetta sempre? Perché non prende e dice "basta", perché non sceglie qualcosa/ qualcuno che non sia lei?
Non prendetemi per stronza insensibile, io sono follemente innamorata, credo nell'amore e nell'amore "predestinato"... Ma quando fa così male, è davvero amore?

Non so se avete letto il Simposio (qualche commento qui) e tutte le belle e filosofiche descrizioni dell'amore che ci danno Socrate & Co, però, secondo me, quando si parla di amore pratico, di vita quotidiana, di sentimenti vissuti sulla propria pelle ogni singolo giorno... Porsi questa domanda è importante. L'amore che fa male è amore? Condannarsi a un'eternità di sofferenza, è amore?
Questo vale per entrambi i membri di una coppia: una (ipotetica) lei che soffre come un cane bastonato per tentar di rendere felice lui, una lei che rinuncia a sé, ai propri sogni, a ciò che desidera e che è, per lui, è innamorata o è masochista? O una lei, che fregandosene di tutto, fa sempre ciò che vuole, non chiede nulla, non ascolta nulla, fa di testa propria, e lo tratta come uno zerbino (facendolo soffrire come se ogni giorno gli stessero cavando tutti i denti senza anestesia... versione modificata di Prometeo: qui sono i denti a ricrescere), è innamorata? Lo ama? E lui che si lascia trattare così? Ora, riferite queste domande a tutte i lui-lui, lei-lei, lui-lei del mondo e ditemi: chi decide quando è amore?
C'è un limite a questa definizione? Questo sentimento chi lo classifica? Chi decide quando il male è giusto da sopportare, quando è un male che fa bene, che aiuta, quando è una rinuncia produttiva, giusta, buona... E quando invece sfocia nel masochismo?

L'amore si deve vedere sempre. Non sto dicendo che non si può litigare/discutere (non farlo mai sarebbe comunque strano e forse dannoso), ma l'amore deve far star bene: deve farti svegliare con il sorriso, deve illuminarti ogni volta che pensi a lui/lei, deve darti coraggio, fiducia, pace, sostegno, deve metterti alla prova e sostenerti, deve essere duro qualche volta, ma farti sentire grande, capace, deve aiutarti a migliorare, a crescere, a vivere, deve essere la spinta che ti serve o la mano che ti sostiene... Non può essere sempre pianto e lacrime, un boia e una condanna a morte.

Insomma, giudico Daniel e Lucinda una coppia sbagliata: sono l'esempio dell'amore malato, secondo me. Non credo che quel loro "aspettarsi-baciarsi-morire" possa essere definito "vero amore" o "amore eterno": è un'eterna sofferenza, alla quale lui continua a condannarli. Se lui scegliesse il cielo o gli inferi, il ciclo si chiuderebbe, lei smetterebbe di stare oscenamente per tutta la sua vita, smetterebbe di morire, e lui smetterebbe di vivere un'infinita agonia.
Non ho (forse purtroppo) una visione del mondo così fiabesca da convincermi che "un attimo di felicità valga millenni di sofferenze".

Andarsene non sempre è sbagliato, non sempre è cattivo, non sempre distrugge.
A volte, forse, crea più che rimanere. 


Alex